Ferie a lavoro, la regola non scritta del Giappone: da far venire i brividi

L’etica del lavoro dei giapponesi è nota un po’ in tutto il mondo. È un aspetto che dalle altre parti viene visto con ammirazione e quindi viene considerato un aspetto incredibilmente positivo di quel Paese. Ma dietro a questa facciata si nascondono degli aspetti che andrebbero conosciuti. In Giappone ci sono delle regole scritte, ma soprattutto delle regole non scritte che riguardano anche le ferie a lavoro.

Nella seconda metà del secolo scorso il Giappone ha avuto una crescita economica incredibile che nel giro di pochi anni l’ha portato ad essere la seconda potenza mondiale. Poco prima dell’inizio del nuovo millennio questa salita ha rallentato parecchio. Ma parliamo sempre di uno dei Paesi che vanta il più basso tasso di disoccupazione (siamo sotto al 3%), quindi la nomea di Stato super produttivo non è stata in alcun modo intaccata.

Le regole non scritte ed il loro peso in ambito lavorativo

Durante il boom di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente si è creata una cultura del lavoro, soprattutto in ambito aziendale, particolarmente forte e rigida. Proprio per questo motivo, al di là di quello che dicono espressamente le leggi, i giapponesi tendono a seguire una sorta di codice non scritto che ne determina il comportamento sul lavoro. E questo può avere delle conseguenze gravi sulle persone: cose che noi, dall’esterno, non riusciamo a percepire.

Questo delicato argomento è stato sviluppato da Giovanni in un discorso “a braccio” pubblicato sulla sua pagina Calabrese in oriente Giappone che conta quasi 80.000 followers. In Giappone, spiega Giovanni, esistono delle regole scritte come in tutto il resto del mondo. Ma ci sono anche delle regole non scritte che sono determinanti per il comportamento delle persone nel rapporto con gli altri e che influiscono anche sulla condotta in ambito lavorativo.

La rigidità su malattie e ferie a lavoro in Giappone

La legge non stabilisce alcun divieto sulla possibilità di godersi tutti i giorni di ferie accumulati, eppure i lavoratori giapponesi raramente si prendono più di cinque giorni. Nemmeno durante il periodo estivo si va oltre la settimana di vacanza. Ma perché fanno così se la legge gli permetterebbe di riposarsi di più? Per via di quel codice non scritto di cui abbiamo parlato prima. Nel lavoratore scatta una sorta di pressione che lo spinge a pensare alle difficoltà che i colleghi e l’azienda possono incontrare durante la sua assenza.

Ma il discorso relativo alle ferie a lavoro si può allargare anche alla malattia. Sempre per lo stesso motivo, i giapponesi continuano a recarsi sul posto di lavoro fino a quando la situazione non diventa insostenibile. Giovanni parla anche di lavoratrici che, poche settimane dopo aver messo al mondo il loro bambino, vengono pressate dall’azienda affinché tornino presto al lavoro. Ci sono pure testimonianze di persone che hanno continuato a svolgere la loro mansione anche quando stavano male, fino a collassare.

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Le regole non scritte in Giappone condizionano anche malattia e ferie a lavoro

Va anche detto che in Giappone i giorni di ferie ed i giorni di malattia vengono messi in un unico pacchetto. La tendenza a non usarli deriva anche da quello, perché una volta che vengono esauriti, i giorni di assenza non vengono retribuiti. Ma questa mancanza di elasticità su malattie e ferie a lavoro non fa vivere bene le persone. Non sono rari i casi di esaurimento (assenza di vita sociale, straordinari, rigidità), che nelle peggiori delle ipotesi sfociano nel karoshi, la morte per troppo lavoro.

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